La città ipogea. Una metafora per svelare Bologna sotterranea.
Luigi Bartolomei (Facoltà di Ingegneria, Università degli Studi di Bologna)
Bologna ha un tessuto medioevale. Lo sappiamo tutti. E’ anche una di quelle poche città che non hanno un fiume, o almeno non lo manifestano in superficie. Non però come mai nell’alto Medioevo Bologna avesse un porto e una flotta…
La “Bologna delle Acque” esiste, ma è un percorso infero, sotto la città. La rete dei canali, strutturata in età romana, complicata in età medioevale, rappresentata da Cherubino Ghirardacci in età rinascimentale, è una ragnatela di vie sotto la città storica a svelare porzioni di archeologie e sistemi di sostruzione che appartengono alla storia tecnologica nei secoli.
L’itinerario non è troppo pubblicizzato. Il bolognese Averno resta, come molte meraviglie della città, quasi un privé, una passeggiata infernale per pochi, per cittadini curiosi. La città non ama svelarsi e la passeggiata infera ha il fascino di una esplorazione geologica nelle viscere della storia, più che in quelle della terra.
La città speculare a quella emersa, in contraddizione con essa (chiuso/aperto; luce/buio) la città delle acque, sta cercando una metafora per aprirsi ad una fruizione controllata di pubblico e contribuire a definire il volto turistico della Bologna Contemporanea. Facile alla metafora con l’inferno dantesco e la riva d’acheronte, la città ipogea è stata sede di lecturae dantis, sempre all’interno di linee di azione di diffusione locale.
Si potrebbe osare di più. Il percorso dei canali voltati in pietra e laterizi bolognesi, risanato e restaurato, conservato nel suo carattere di spelonca e mistero, potrebbe aprirsi ad interventi d’arte contemporanea.