L`effimero come evento: spazio pubblico gonfiabile
Antonio Cobo – Escuela Técnica Superior de Arquitectura de Madrid UPM
A partire dagli anni `60 si manifestano una serie di eventi, apparentemente non
consequenziali, che iniziano a considerare l`aria come possibile materiale dell`architettura.
Yves Klein immaginava, ad esempio, una “architettura di aria” costruita attraverso energia: l`intento era quello di poter vivere come comunitá lo spazio esterno, affiancando al concetto di
privato quello di una nuova collettivitá. Seguono una serie di esposizioni artistiche (Air Art a Cincinnati, Structures Gonflables a Parigi) e movimenti studenteschi di protesta contro l`architettura intesa tradizionalmente, che rappresentava ora un modo di occupazione considerato borghese e formalista.
I progetti utopici più innovativi di questo momento iniziano a interessarsi all`architettura
gonfiabile in contrapposizione al peso, alla durabilitá, ai costi e all`immobilitá dell`architettura tradizionale. La capacitá delle nuove strutture gonfiabili di esperire una nuova estetica si traduce nella produzione di innumerevoli costruzioni sperimentali, attraverso una tecnologia in cui l`aria riesce a dissolvere per la prima volta le barriere tra arte, ingegneria e architettura. La tecnologia si converte nella panacea di un nuovo ordine, tanto estetico quanto conviviale, espresso dalla massima dell`ingegnere francese Robert le Ricolais “peso zero e spazio infinito”.
Eventi come la Instant City di Ibiza (1971) o gli Incontri di Pamplona (1972) dimostrano la capacitá dell`architettura gonfiabile di creare spazi abitabili e spazi pubblici temporanei, capaci di trasformare la maniera di vivere la cittá. Potremmo quasi parlare di un pensiero pneumatico moderno all`interno della narrativa utopistica, che specula sulla funzione simbolica degli oggetti gonfiabili e che comincia a formare parte di un`architettura radicale, piu` attenta all`idea della collettivitá e della temporalitá. Possono essere oggi questi i termini in cui abitare, in forma più ludica e meno utopica, gli spazi pubblici?
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