“Nowhere being”
Donata Tchou, Maria Veltcheva – architetto
L’evento che segnaliamo è un gioco che si fa camminando.
Da alcuni anni stiamo lavorando sul tema dell’open city, cioè sulla continuità tra la città storica e la periferia, ma anche sull’abbattimento di alcuni pregiudizi su luoghi e spazi urbani, suggerendo di cambiare filtro visivo, occhiali, prospettiva e di conseguenza sistema di protezione, facciata, finestra.
Abbiamo deciso di usare come simbolo della nostra azione il cerchio, il foro perfetto, e poi di attraversare la città mettendo a fuoco percorsi e sistemi che si intersecano per cadere in mondi immaginari, come nel “nowhere land” dei Beatles (vedi film “Yellow Submarine”).
Nell’opera per “100% periferie” (Roma) il tema si è concentrato nella scatola visiva e nel sistema di giocare con i buchi e nel trasformare i percorsi del vivere nelle strade urbane, nel video “Forma orbis – open Rome” (White Box Gallery, New York, 2011) dove occhio e vuoto si fondono.
Con questa istallazione vorremmo far capire che concretamente questi buchi esistono già nella città sia centrale che periferiche bisogna solo “scovarli”. Oltretutto ognuno di essi ha un suono diverso.
Noi ne conosciamo alcuni e avendo dei bambini spesso li suoniamo andando a scuola.
Come si presenta:
I buchi della città a cui ci riferiamo, e con cui giochiamo spesso con i nostri bambini, sono per esempio i tombini, su cui saltiamo facendo “Ding” se sono piccoli e “Dong” se sono grandi ma anche i cancelli, su cui facciamo dei rumoracci! Si mettono degli adesivi neri con dei suoni scritti o delle immagini dentro. Mettendo in alcuni tondi un led che si illumina e in altri un doppio strato che fa rumore, come nei giochi per i bambini piccoli, ma messo per strada, con scritte e numeri e immagini, esplorando la città.
Lo spazio pubblico è soprattutto nella nostra testa.