S-E-M Spazio Evento Movimento
Francesco Cianfarani (Facoltà di Architettura Valle Giulia, Università Sapienza di Roma)
Appare piuttosto evidente come l’Architettura contemporanea rifugga molto spesso dalle sue responsabilità “eventuali”, dal ruolo di interrelazione tra spazi ed eventi che la stessa dovrebbe assumersi, soprattutto nel campo degli spazi pubblici.
Oggetto di contemplazione, l’Architettura rischia di perdere l’occasione di vedersi parte attiva nei processi di sviluppo e riqualificazione urbana, se accetta di divenire mero strumento dei grandi eventi.
Possono Expò, Fiere, Biennali, Olimpiadi, Mondiali di Nuoto… divenire i veri promotori di riqualificazione e trasformazione urbana? Architettura di eventi o Eventi di Architettura?
L’Evento è, letteralmente, e-ventum, ossia qualcosa che viene fuori, che emerge. L’Evento è dunque qualcosa che non vien imposto dall’alto, ma che si svela e si rivela dall’essenza stessa di un territorio o di una condizione più in generale.
Non vi può essere Evento senza Spazio, né Spazio senza Programma. Gli Eventi si “hanno” in un luogo, attraverso relazioni empatiche e dialoganti, secondo uno spazio vissuto e atmosferico.
L’Evento, in quanto tale, mette in gioco Spazio e Movimento, ossia la corporeità e l’alterità che determinano l’imprevisto fenomenico nel programma.
Il paper vuole inoltre evidenziare come vi è Evento, nell’accezione sopra declinata, laddove vi è una sequenza, lineare, dissociata o frammentata, comunque spaziale e combinatoria. Quando questa sequenza spaziale assume connotati emotivi, allora potrà avvalersi anche di potenzialità trasformatrici, nella sua serietà disciplinare, per tante possibili città in Una, per una città perciò E-ventuale, rivelata.
La riflessione sarà supportata dall’analisi di alcune posizioni autoriali in merito e dall’analisi di alcune opere architettoniche pertinenti. In particolar modo si evidenzieranno due interventi, il Parc de la Villette diTschumi e l’intervento Playground di Van Eyck ad Amsterdam, a testimoniare la potenzialità e-ventuale dell’architettura quando essa diventa un “meditato farsi degli spazi”, tesa a produrre non solo e-venti per-formativi, ma soprattutto e-venti formativi e creativi, strutturati e fondativi di una rinegoziazione sempre nuova dello spazio pubblico come significante.