Alberi di primavera- la rivolta di Istanbul a difesa del parco
“Una rondine non fa primavera” recita un proverbio poi ripreso da una canzone di molti anni fa. E neanche una rivolta che nasce per la difesa di un parco è un segnale sufficiente per predire una “primavera turca” . Le aspettative nate dalle primavere arabe sono state in gran parte disattese. Ma non si può tralasciare il significato di una manifestazione di massa che arriva a scuotere la stabilità del governo per protesta contro un progetto di supermercato che dovrebbe sorgere dove ora sono piantati 600 alberi, uno dei pochi polmoni verdi della città di Istanbul.
E’ molto probabile che la protesta che sta dilagando in altre parti del paese evolva mettendo al centro altri obiettivi politici e strategici, ma tutto è nato dalla difesa degli alberi.
Invitato alla presentazione alla Facoltà di Architettura- La Sapienza del “Festival del verde e del paesaggio “ che si è svolta a metà maggio all’Auditorium di Roma, ho auspicato l’impegno di studenti o ricercatori nella redazione di “Una storia sociale dei parchi”.
Dal 1700 in poi, prima in Europa, con l’emergere della borghesia urbana, e in seguito in altri continenti, la tutela delle aree verdi o l’uso pubblico di parchi di proprietà privata ha segnato pagine decisive nella storia delle grandi città . Pagine di aspro conflitto con le forze della speculazione edilizia o di dura contrattazione tra interesse pubblico e privato.
Di esempi ce ne sono tanti e ne cito solo alcuni. Il parco Monceau a Parigi fu espropriato dalla Rivoluzione francese nel 1793 , poi abbandonato, poi restituito ai principi d’Orleans, e infine acquistato dal Comune di Parigi nel 1852, nell’ambito della grande ristrutturazione disegnata da Haussmann , che ne cedette una parte ad un gruppo di costruttori per una lottizzazione di lusso. I difensori dell’interesse pubblico ottennero dai costruttori che le abitazioni avessero una distanza superiore ai 15 metri dal confine del parco. Più minacciosa fu la lottizzazione del rione Ludovisi a Roma che cancellò la villa omonima e puntava ad allargarsi a villa Borghese se non ci fosse stato un movimento d’opinione che spinse lo Stato a cederla al Comune di Roma nel 1903 , in concomitanza, forse non a caso, del grande sciopero generale dello stesso anno.
Villa Doria Pamphili fu solo in parte espropriata nel 1939 . Il resto della villa, in particolare la parte orientale, acquisita definitivamente dal Comune di Roma solo nel 1971, fu per anni oggetto degli appetiti dalla speculazione edilizia degli anni ’60 che avrebbe voluto estendere la costruzione di palazzine tra i Colli Portuensi e via Gregorio VII. Solo un movimento di opinione sostenuto dalle forze democratiche ne impedì la lottizzazione.
Central park a New York non era contemplato nel Piano Regolatore del 1811 . Non sarebbe esistito o sarebbe stato di più risibili dimensioni se William Cullen Bryant editore dell’Evening Post non avesse promosso nel 1844 un vasto movimento d’opinione a favore del parco che ottenne l’esproprio e l’avvio della progettazione nel 1857.
Isntanbul ha pochi spazi aperti e poco verde. Sulla difesa del parco si concentrano anche altri motivi di disagio sociale. Ma le grandi aree verdi hanno sempre polarizzato gli interessi opposti dei cittadini e degli speculatori. C’è da augurarsi che i cittadini di Istanbul vincano la loro battaglia di civiltà e, in subordine, che qualche ricercatore si impegni a scrivere una “storia sociale dei parchi”, che magari può partire da quella nemesi storica che vede i grandi parchi pubblici portare i nomi di famiglie principesche come i Borghese e i Doria Pamphili.