La libertà che diventa autonomia, Quindie
La strada è lo spazio della relazione, è l’orizzonte della ricerca e del viaggio. Noi veniamo dalla strada, respiriamo la sua forza ed è lì che vogliamo tornare a parlare. C’è una rilevante cifra di libertà nelle parole del collettivo di Fidenza che sabato 11 ottobre occupa le vie di una cittadina nel cuore dell’Emilia per aprire Quindie, quella che John Holloway, chiamerebbe una bella crepa nel dominio delle merci e dell’astrazione sulla vita delle persone. Vogliono essere indipendenti, e dunque liberarsi dei nomi, delle definizioni, dei modelli per dare sostanza alla propria “autenticità” ma anche all’autonomia, cioè a un modo di fare e inventare cultura sulla base di quel che desiderano o di ciò di cui sentono il bisogno. Quindie è un festival della cultura indipendente che prova a declinare il senso profondo di un aggettivo che non utilizza con leggerezza.
Il Quindie nasce a Fidenza dall’idea di un collettivo autonomo che ha sviluppato, per puro spirito comunitario, un progetto di valorizzazione della persona e dei suoi talenti sul territorio attraverso un’azione di stimolo e di partecipazione attiva. Il collettivo ha scelto un termine che fonda al suo interno l’idea di un’appartenenza necessaria nel “qui“, con la suggestione della corrente “indie“ nata e cresciuta in seno alla crisi economica della fine del XX secolo. Qui, dunque, ci sono persone che hanno assistito al ridimensionamento o alla perdita del proprio impiego investendo la loro energia nei talenti di cui disponevano. Si sono messe in gioco e hanno realizzato ciò di cui erano capaci in piccoli spazi, spesso con mezzi improvvisati, dimostrando che ciò che nasce da un’idea autentica, e viene prodotto in modo sano e rigoroso da ogni punto di vista, ha un valore unico. Per questo indie – abbreviazione di indipendente – è anche una filosofia riferita a tutto ciò che non appartiene a un padrone e si muove in un ambiente libero. Abbiamo rivolto qualche domanda al collettivo impegnato a ultimare i preparativi della terza edizione (sabato 11 ottobre) di un festival che Comune-info sente molto vicino. Speriamo possa aiutare chi può raggiungere Fidenza a capire che un sabato così non capita spesso né ovunque.
Perché avete deciso di fare un festival di cultura indipendente a Fidenza?
Per noi è importante parlare di cultura indipendente se possiamo parlare di un concetto di non appartenenza. Abbiamo trascorso parecchi anni a rintracciare dentro le nostre azioni un senso etico individuale, un qualcosa che ci facesse sentire di appartenere a un gruppo piuttosto che a un altro, a un modello di vita piuttosto che ad un altro. Era la nostra idea di etica e coincideva con certi valori morali acquisiti. Ecco, adesso ci sembra importante, forse perfino necessario parlare di indipendenza perché ci rendiamo conto che, nel momento in cui le viviamo, queste categorizzazioni sono spesso relative a dei concetti vuoti, a concetti non riempiti dalla sostanza di cui noi vorremmo fossero pieni. Si tratta solo contenitori di una comoda e poco coraggiosa adesione a dei modelli. Forse liberandosi degli steccati si può cominciare a ragionare su una sostanza reale, che è quella che viene dalle persone, si possono creare delle occasioni di incontro tra sfere che si sono sempre respinte e che anzi spesso sembravano antitetiche. È qui che si trovano quegli spazi comunitari che diventano invece terreno di possibilità, di fusione creativa. Sono spazi che hanno più vigore di tutte le idee dietro alle quali ci eravamo nascosti per anni. Indipendenza, dunque, come volontà di liberarsi di nomi e modelli per dare sostanza alla propria autenticità.
Cosa significa cultura per il Quindie e che confini ha questa parola?
La cultura del Quindie fa da contraltare alla logica mercantile dei “centri commerciali”, a quei veri e propri luna park che sono vissuti come luoghi in cui si ricrea uno spazio cittadino di centro, uno spazio che in realtà non esiste più. Sono spazi fittizi di una socialità perduta, lo ha spiegato bene Bauman. Hanno un profondo significato sociologico perché dribblano il concetto della paura del diverso. Sono realtà tutelate e sorvegliate in cui le persone si sentono al sicuro, al riparo dalla contaminazione e dalle insidie di tutto ciò che le paralizza, anche a causa di un’informazione sempre pronta a dipingere stati di terrore. Un tempo c’era la piazza del paese. La scelta del Quindie è quella di inventare uno spazio tangente al centro e alle sue tradizioni ed è il centro che ci piacerebbe vivere tutti i giorni. Un terreno che non ha paura di mescolarsi con quello che esiste realmente e in cui è possibile abbattere il muro delle differenze. Questo è un tempo nel quale è necessario trovare risposte a bisogni emergenti. Noi pensiamo che il movimento indipendente possieda lo slancio utile a rintracciare le dinamiche in opposizione ai meccanismi di omologazione. Attraverso il recupero delle tradizioni, rivisitate secondo un modello tecnicamente innovativo, proponiamo un gusto e una ricerca molto lontani dalla sterilità suggerita dalla grande distribuzione.
Torniamo al concetto di indipendenza, lo vedete più come liberazione o come autonomia?
Innanzitutto ci sembra utile chiarire il fatto che il termine indipendente nasconde a volte una trappola semantica, ecco ci sentiamo di muovere un’obiezione alla facilità con la quale spesso viene usato. Ci sembra fondamentale non confondere il concetto di indipendenza con quello di mancata presa di responsabilità. Essere indipendenti, per noi, significa avere interiorizzato e accettato quello che ci sta intorno rielaborandolo in un atteggiamento di scelta consapevole e di critica propositiva. È un concetto da utilizzare con rispetto, quasi con parsimonia, perché nasce da una reale appropriazione di sécome vera e propria adesione a un modo di essere. Quindi l’indipendenza potrebbe essere la libertà che diventa autonomia.
Il festival lascia qualcosa al territorio in cui si svolge?
L’idea del Festival nasce per offrire nuove prospettive e stimoli creativi proprio sul territorio. È un’occasione di reinventarsi, con slancio e rinnovata energia, sia nella realizzazione di progetti innovativi sia nella percezione di sé nel luogo che si abita.Vorremmo lasciare una città che ha respirato il dinamismo e la forza di un territorio che sa creare e nutrire i propri talenti creativi e contribuire alla loro valorizzazione.
Perché Quindie si tiene in strada?
La scelta di fare il festival in strada, per noi, ha a che fare con la generosità, vuol dire appropriarsi di uno spazio e condividerlo. La strada è terreno di lotta ma anche di incontro, è un simbolo vero, lontano dai palazzi e dal confine delle istituzioni. È lo spazio della relazione e di uno scambio che è integrazione e conoscenza. Nella strada sono nati e si sono consolidati i mestieri, è lo spazio delle botteghe artigiane e il loro valore nella città. La strada accoglie e sostiene il cammino di tutti, è l’orizzonte della ricerca e del viaggio. Noi veniamo dalla strada, respiriamo la sua forza ed è lì che vogliamo tornare a parlare.
http://comune-info.net/2014/10/liberta-diventa-autonomia-quindie