PATTI EDUCATIVI DI COMUNITÀ. SPERIMENTAZIONI IN CORSO
di Pietro Rovigatti, redazione BISP
Il Patto educativo di comunità compare in forma ufficiale tra le strumentazioni riconosciute dal Ministero dell’Istruzione (MI) per promuovere e rafforzare la collaborazione tra scuola e “comunità educante” all’interno del cosiddetto Piano Scuola 2020-21[1], messo a punto per pianificare, a inizio estate, la riapertura delle scuole italiane in sicurezza, dopo quasi un intero semestre di attività didattiche a distanza, causate dall’emergenza COVID19. Tale importante strumento nasce dunque in forma ufficiale in una situazione particolarmente critica, piegato a funzioni dell’immediato, come recita lo stesso testo del Piano, affermando che
“Per la più̀ ampia realizzazione del servizio scolastico nelle condizioni del presente scenario[2], gli Enti locali, le istituzioni pubbliche e private variamente operanti sul territorio, le realtà̀ del Terzo settore e le scuole possono sottoscrivere specifici accordi, quali “Patti educativi di comunità̀”, ferma restando la disponibilità̀ di adeguate risorse finanziarie (…) dando così attuazione a quei principi e valori costituzionali, per i quali tutte le componenti della Repubblica sono impegnate nell’assicurare la realizzazione dell’istruzione e dell’educazione, e fortificando l’alleanza educativa, civile e sociale di cui le istituzioni scolastiche sono interpreti necessari, ma non unici, (…) al fine di:
– favorire la messa a disposizione di altre strutture o spazi, come parchi, teatri, biblioteche, archivi, cinema, musei, al fine di potervi svolgere attività̀ didattiche complementari a quelle tradizionali, comunque volte a finalità̀ educative;
– sostenere le autonomie scolastiche, tenuto conto delle diverse condizioni e criticità̀ di ciascuna, nella costruzione delle collaborazioni con i diversi attori territoriali che possono concorrere all’arricchimento dell’offerta educativa, individuando finalità̀, ruoli e compiti di ciascuno sulla base delle risorse disponibili. L’obiettivo ultimo è quello di fornire unitarietà̀ di visione ad un progetto organizzativo, pedagogico e didattico legato anche alle specificità̀ e alle opportunità̀ territoriali”[3].
In ragione di tali condizioni di partenza, nonostante la rassicurazione conclusiva riguardo al “progetto organizzativo, pedagogico e didattico” territoriale di riferimento, legittime appaiono le preoccupazioni di chi paventa un uso al ribasso, strumentale, di uno strumento che invece, già dal nome, appare foriero di importanti innovazioni, come osservato da Michela Diodato, nel suo blog sulla pagina Web della Fondazione Paolo Bulgari:
“E’ su questo che si sono sollevate le perplessità di molte autorevoli voci del settore educativo e culturale italiano – quali quella di Pasquale Calemme, Direttore della Scuola del Fare; di Marco Rossi Doria, una vita da maestro di strada a Napoli, già sottosegretario all’Istruzione e neo vice-Presidente della Fondazione Con i Bambini; di una delle portavoci dell’Alleanza per l’Infanzia, Chiara Saraceno, sociologa e accademica; o ancora di Simona Rotondi, Responsabile per le attività istituzionali di Con i Bambini – che, con parole e sfumature diverse, hanno espresso il medesimo pensiero: relegare il concetto di comunità educante ad un prestito alla scuola, per quanto strutturato, di risorse umane e logistiche dal terzo settore – e più in generale da quella società che possa e sappia farsi parte attiva nell’accompagnamento alla crescita culturale e sociale dei ragazzi – è un colpevole spreco, un’occasione che l’Italia non può permettersi di perdere nel proprio nel momento in cui si palesa con tanta evidenza la concreta possibilità di coglierla: complice l’emergenza Covid, la rete territoriale ha mostrato che il suo “esserci” nel senso profondamente educativo del termine, ha fatto la differenza sul campo, assicurando di non lasciare indietro coloro che, in mancanza di essa, sono purtroppo rimasti esclusi dai circuiti della DaD”[4].
E tuttavia qualcosa sembra essersi in moto, anche se le risorse messe a disposizione da parte del Ministero appaiono ancora inadeguate, e con tempi mal programmati. È infatti del 23 novembre il Decreto MI che per garantire sostegno alla formazione e all’attuazione per progetti dei “Patti Educativi di Comunità” introdotti nel decreto di fine giugno assegna, in proporzione al numero degli studenti di ogni regione italiana, la somma di 3.000.000 di euro, da ripartire tra gli Uffici Scolastici Regionali. È del 4 dicembre, ad esempio, il bando per la “manifestazione di interesse per partecipare alle procedure per il finanziamento di “patti educativi di comunità” promosso dall’Ufficio Scolastico Regionale per l’Abruzzo (USRA), per complessivi 66.000 euro, a fronte dei 198 istituti scolastici pubblici presenti in regione, dei quali 122 per il solo settore del primo grado (elementari e medie inferiori). Sei giorni dunque a disposizione delle scuole della Regione per produrre proposte progettuali orientate alla mitigazione delle povertà educative, corredate da un “patto educativo di comunità” formalizzato entro la data del 10 dicembre. Quasi un miracolo, dunque, che ben 13 scuole della Regione, tra le quali l’Istituto Scolastico Manthonè, – partner del Patto Educativo di Comunità dei quartieri Rancitelli, Villa del Fuoco, San Donato, che riunisce tutte le scuole di ordine e grado, dall’Infanzia all’Università, delle periferie pescaresi, assieme ad un vasto elenco di associazioni del terzo settore e ad altre istituzioni culturali della città – siano riuscite a presentare i progetti e vedere riconosciute le loro proposte dalla Direzione Generale USRA.
La strada appare tuttavia tracciata, e la definizione giuridica e di sostanza di questo nuovo strumento – di cui è possibile trovare antecedenti nei Patti Educativi di Corresponsabilità̀ tra Scuola e Famiglia[5] sperimentati in diverse regioni italiane già a partire dal 1999, come forme di “ampliamento dell’offerta formativa”[6] – può essere assunta come un riferimento quasi obbligato di ogni azione indirizzata, in particolare, ad agire nei confronti delle emergenze formative, pregresse alla stagione del COVID19, e acuite, proprio a causa della pandemia, in particolare negli ambienti di marginalità e disuguaglianza urbana.
Tra gli obiettivi principali del Patto di comunità c’è infatti “quello di prevenire e combattere la povertà educativa, la dispersione scolastica e il fallimento educativo di bambini e bambine, ragazzi e ragazze attraverso un approccio partecipativo, cooperativo e solidale di tutti gli attori in campo che con pari dignità si impegnano a valorizzare e mettere a sistema tutte le esperienze e tutte le risorse del territorio.”[7]
Come informa l’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia-Romagna, uno dei primi a muoversi nel solco di questa importante innovazione, “In particolare “I “Patti” danno applicazione ai principi costituzionali di solidarietà̀ (articolo 2), comunanza di interessi (articolo 43) e sussidiarietà̀ orizzontale (articolo 118, comma 4), per irrobustire alleanze educative, civili e sociali di cui la scuola è il perno ma non l’unico attore. Mediante i “Patti di comunità̀”, le scuole possono avvalersi del capitale sociale espresso da realtà̀ differenziate presenti sul territorio – culturali, educative, artistiche, ricreative, sportive, parti sociali, produttive, terzo settore – arricchendosi in tal modo dal punto di vista formativo ed educativo3”.
“In termini sintetici, i “Patti di comunità̀” sono libere intese sottoscritte fra cittadini (singoli o associati) e Amministrazioni Comunali, per la realizzazione – in attuazione del principio di sussidiarietà̀ di cui all’art. 118 ultimo comma della Costituzione – di collaborazioni volte alla promozione dell’interesse generale, mediante la tutela di “beni comuni urbani”.
Sono “beni comuni urbani” “… tutti quegli spazi e servizi urbani che siamo abituati a considerare ‘beni comuni locali’ o ‘beni di comunità̀’, intesi come spazi e servizi di tutti… strettamente connessi a identità̀, cultura, tradizioni di un territorio e/o per il loro essere direttamente funzionali allo svolgimento della vita sociale delle comunità̀ che in esso sono insediate… Data la loro natura comune, si caratterizzano, poi, per la necessità di garantirne un accesso e una fruizione universali e per la ineludibile esigenza di coinvolgere i membri della comunità̀ … nelle decisioni e nelle azioni che li riguardano” “Come evidente, la scuola rappresenta un fondamentale bene di comunità̀ e, pertanto, costituisce ambito privilegiato per possibili collaborazioni fra cittadini (cui spetta l’iniziativa di proporre la stipula di un patto) e Amministrazioni comunali (cui spetta fissare le regole che disciplinino la collaborazione nel perseguimento dell’interesse generale).”
Il Patto Educativo di Comunità, riconosciuto dal MI anche in forma di libero accordo tra soggetti diversi, come “enti locali, istituzioni, pubbliche e private, realtà del Terzo Settore e scuole di sottoscrivere specifici accordi, rafforzando così non solo l’alleanza scuola-famiglia, ma anche quella tra la scuola e tutta la comunità educante”[8], può essere inquadrato giuridicamente all’interno dei Patti di Cittadinanza previsti dai vigenti Regolamenti sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani, attivi in molti comuni italiani, sulla scorta del modello bolognese[9].
Si è aperto, insomma, un campo assieme di ricerca e di sperimentazione, dove non mancano già esperienze pilota, come ad esempio nel caso del Patto Educativo di Comunità dei quartieri Pianura, Chiaiano, S. Lorenzo Vicaria Vasto, Rione Luzzatto, ubicati in tre Municipalità di Napoli, di cui torneremo presto ad occuparci, nell’ambito di una prossima NL, le cui immagini illustrano questo articolo e di cui per ora forniamo il link al progetto iniziale: https://s3.savethechildren.it/public/files/uploads/pubblicazioni/patto-educativo-di-comunita-napoli_0.pdf
Fonte immagine: https://s3.savethechildren.it/public/files/uploads/pubblicazioni/patto-educativo-di-comunita-napoli_0.pdf
Per saperne di più:
https://www.savethechildren.it/blog-notizie/patto-educativo-di-comunita-cos-e-come-funziona
https://comune-info.net/patti-educativi-tra-scuola-e-citta/
https://fondazionepaolobulgari.org/2020/07/02/patto-educativo-di-comunita/
Caso Napoli
http://www.vita.it/it/article/2020/11/26/napoli-nasce-il-patto-educativo-di-comunita/157500/
[1] Documento per la pianificazione delle attività̀ scolastiche, educative e formative in tutte le istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione”, allegato al DM 26 giugno 2020, n. 39.
[2] Il riferimento è all’emergenza sanitaria susseguente al diffondersi della pandemia da Sars-Cov2.
[3] Cfr.: Piano scuola 2020-2021, Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le Istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione, pag. 7, disponibile alla pagina: https://www.istruzioneer.gov.it/wp-content/uploads/2020/06/DM-ADOZIONE-PAINO-SCUOLA-2020-2021.pdf.pdf
[4] https://fondazionepaolobulgari.org/2020/07/02/patto-educativo-di-comunita/
[5] http://www.istruzione.lombardia.gov.it/varese/wp-content/uploads/2012/10/linee-guida-lombardia_patto-educativo.pdf
[6] DPR 8 marzo 1999, n. 59.
[7] https://www.savethechildren.it/blog-notizie/patto-educativo-di-comunita-cos-e-come-funziona
[8] http://gruppocrc.net/il-patto-educativo-di-comunita/
[9] https://www.labsus.org/2017/04/regolamento-beni-comuni-il-nuovo-prototipo-di-labsus/