VOCI DAL MONDO Quindici minuti un pò più lunghi in periferia
di Pietro Garau (redazione BiSP)
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Riportiamo e commentiamo un articolo apparso di recente sul tema delle diseguaglianze nell’accesso al verde durante l’emergenza Covid. (https://citymonitor.ai/community/covid-19-is-highlighting-cities-unequal-access-to-green-space)
Come si sa, la morfologia urbana della Gran Bretagna è diversa da quella dell’Italia e di molte altre nazioni del Sud Europa. In quel paese, il mito “my home, my kingdom” ha portato ad un tessuto abitativo urbano assai minuto ed a bassa densità, dove anche le abitazioni più modeste, solitamente case a schiera a due piani, dispongono di un giardino privato. Un punto questo a favore del modello “la città dei quindici minuti”, visto che si tratterebbe in questo caso di una “città (del verde)’ dei zero minuti”. Tuttavia, e la statistica soprariportata lo dimostra, le dimensioni di questo spazio verde individuale diminuiscono con le condizioni socioeconomiche degli abitanti. Ed in queste condizioni, lo spazio verde è poco più di un’interruzione visiva tra il proprio steccato ed il retro della casa del vicino.
Le funzioni veramente importanti del verde urbano (contemplazione, incontro, svago, passeggio, sport) possono essere svolte solo in spazi verdi pubblici. E qui i residenti britannici delle aree meno privilegiate sono doppiamente sfavoriti, in quanto la bassa densità edilizia dilata tutte le distanze dai servizi commerciali e comunitari, compresa quella dai parchi e giardini pubblici, che sono di norma più rari e meno curati di quelli delle aree centrali e di maggiore reddito medio.
Ricompare quindi una tematica già illustrata, ad esempio, nel Global Public Space Toolkit prodotto per la Conferenza Habitat III da una collaborazione UN-Habitat/INU e basato sulla “Carta dello Spazio Pubblico” prodotta dalla BiSP. Quello dello spazio verde pubblico non è solo un problema di dotazione, ma anche di distribuzione. Ogni discorso di piano e di politiche attuative deve necessariamente porre le sue premesse sulla dotazione di spazi verdi accessibili, sicuri ed inclusivi soprattutto nelle aree e nei quartieri urbani meno privilegiati. In questo senso, un approccio serio alla “città dei quindici minuti” può essere d’aiuto, per lo meno sotto il profilo della misurazione degli squilibri di dotazione del verde pubblico urbano.
L’identificazione delle principali carenze potrà creare qualche sgradevole sorpresa, ad esempio riguardo alle promesse dell’”urbanistica tattica”, uno dei tanti approcci importati dai paesi anglosassoni. Infatti, assicurare spazi verdi accessibili, sicuri ed inclusivi richiede qualcosa di più di pennelli e partecipazione. Si tratta innanzitutto di reperire terreni, siano essi già di proprietà pubblica o di proprietà privata. Il problema è che se è facile fare atterrare diritti edificatori dove e’ più comodo per chi ne vuole usufruire, il verde pubblico dovrebbe “atterrare” a distanze ragionevoli dai suoi fruitori, in particolare anziani e bambini. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, di cui divulghiamo qui sotto le linee guida per gli spazi verdi pubblici, suggerisce una distanza massima tra residenze e spazi accessibili di verde pubblico di 300 metri, o cinque minuti a piedi.
La BiSP, pertanto, può utilmente spendersi per spronare le uniche forze in grado di attuare simili interventi, e cioè le autorità locali, ad affrontare seriamente questo problema.
Se c’è una cosa che il Covid ha provveduto a dimostrare è proprio l’importanza di un accesso a spazi verdi pubblici per tutti, e soprattutto per quelli che anche davanti all’urbanistica si sentono un po’ meno uguali.
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